La Novaudio raccontata dal suo fondatore Giuseppe Maietta

Nel Salento ormai da qualche anno esiste una realtà fuori dal coro che traendo spunto da quelli che sono i vecchi fasti dell’alta fedeltà, ha messo su una linea di prodotti che sta destando la curiosità di tanti appassionati.

Con Giuseppe ripercorriamo le tappe fondamentali della Novaudio e nel farlo, ripercorriamo anche gli anni in cui nei grandi negozi, durante il periodo natalizio, i commessi passavano le nottate a rifornire gli scaffali di diffusori e amplificatori. Parleremo di alcuni storici progettisti e di come si sta trasformando il mercato dell’alta fedeltà. Una intervista che si legge tutta d’un fiato, che ci fa riaffiorare tanti ricordi ma che allo stesso tempo ci proietta ai giorni nostri. Non perdetevela, vale la pena leggerla!

La Novaudio è la sintesi del pensiero di Giuseppe Maietta. Puoi dirci qualcosa in più sul tuo background e come sei arrivato a fondare la Novaudio?

Alla fine degli anni ’70, durante gli studi in ingegneria, ho “fatto la gavetta” come commesso part-time in un negozio di HI-Fi di Napoli. Poi la rappresentanza di un noto marchio di diffusori. Dopo qualche anno arrivò la grande sfida: un negozio di Hi-Fi. Contattavo direttamente le aziende, per lo più estere, piccole e sconosciute. Una per tutte la IMF. Non c’era internet e le prove sulle poche riviste specializzate riguardavano solo marchi ultra blasonati, ma i clienti dell’epoca decidevano con le loro orecchie. Trascorrevo intere serate ad ascoltare musica a casa dei (potenziali) clienti per scegliere l’impianto che più si adattava al loro ambiente.

Nel frattempo i contatti con Roma diventavano sempre più frequenti e mi trasferii. Lavoravo per una primaria impresa costruttrice di opere pubbliche e collaboravo con il reparto progettazioni di un’azienda di casse acustiche. Dopo qualche anno di cantieri in giro per l’Italia e non solo, un amico musicofilo mi chiese di aiutarlo a “rianimare” le sue Acoustic Research 10 P greco. A vent’anni dall’acquisto suonavano ancora, ma ormai i componenti non avevano neanche l’ombra della vitalità originaria: ferrofluido diventato colla, diaframmi irrigiditi dai termosifoni, condensatori elettrolitici in perdita ed i magneti che inesorabilmente avevano perso flusso; gatti e bambini avevano completato l’opera. Provammo anche ad acquistare i driver nuovi ma, tra spedizione dall’America, sdoganamento e differenze valutarie (lira/dollaro), l’operazione risultò proibitiva. Lui era talmente affezionato a quel suono della cassa chiusa, come lo definiva: “realisticamente musicale” e mai affaticante che le decine d’ascolti in giro per negozi romani l’avevano lasciato sempre insoddisfatto. Alla fine mi chiese di progettargli un diffusore. Fui talmente felice ed entusiasta della proposta che presi qualche mese “sabbatico” al lavoro per dedicarmi anima e corpo alla creatura ….. Realizzai un diffusore due vie in sospensione pneumatica. Il mio amico era finalmente soddisfatto ed io ero finalmente felice. Felice al punto di licenziarmi dall’azienda. Con il T.F.R. (bei tempi!) fondai Novaudio.

La sospensione pneumatica questa sconosciuta (ai giovani). Si vedono sempre meno diffusori che utilizzano questo tipo di caricamento una volta usatissimo. Novaudio va contro tendenza da questo punto di vista. Vuoi raccontarci in parole semplici il perché di questa scelta e se hai trovato difficoltà in fase di realizzazione?

Perché la sospensione pneumatica si affermò sui mercati di tutto il mondo?

Perché erano diffusori molto musicali e “facili”. Facili da pilotare (specialmente i due vie), poco ingombranti, quindi facili da posizionare e facili da ascoltare. Poco profondi e senza foro di accordo era possibile sistemarli (quasi) ovunque, persino sulla scaffalatura di una libreria (da cui bookshelf). Con la “sospensione acustica” Edgar Villchur dell’Acoustic Research trovò la soluzione alle distorsioni delle non linearità del basso dei diffusori bass-reflex. Il loro ridotto ingombro a parità di dimensioni del woofer ne decretò poi il successo. Non sono il paladino della sospensione pneumatica, il bass-reflex correttamente progettato può essere entusiasmante, ma nelle moderne case, sempre più piccole, la cassa chiusa può essere la scelta vincente.

Partiamo dall’assunto che Hi-Fi significa altamente fedele, ma fedele a cosa? Alla realtà, presumo. Ma quanti hanno ascoltato da vicino un contrabbasso, una tromba, una batteria o un violino?

Se i riferimenti devono essere questi, provate ad ascoltare le differenze interpretative tra una buona cassa chiusa ed un bass reflex, magari in compagnia di orecchie addestrate come quelle di un musicista dello strumento in causa o meglio ancora di un direttore d’orchestra. Non è un caso se i più collaudati nearfield (NS10 ed LS3/5) sono closed box.

In un bass-reflex l’accordatura può prevedere varie possibilità di configurazioni del woofer lasciando ampio margine al progettista. In una cassa chiusa, invece, il progetto woofer-cassa nasce insieme, spesso partendo proprio dalla progettazione del woofer.

Questo ha fortemente limitato, se non addirittura escluso dalla produzione questa tipologia di woofer.

Novaudio Classic 8 è il best seller di casa. Un classico esempio di diffusore dallo stile di altri tempi: ogni volta che le guardo non posso fare a meno di ripensare a quando tanti anni fa acquistai una coppia di Audio Note. Queste Classic 8 mi riaccendono tanti ricordi di gioventù. La tecnologia da allora però è cambiata. Puoi raccontarci qualcosa in più sulle scelte costruttive?

Le tue preferite (Audio Note K n.d.a.) erano la riedizione delle Snell K, che a loro volta erano il compendio delle esperienze dei 20 anni precedenti di AR, RCF, Dynaco, Epicure, Infinity, Advent, Allison e cosi via.

Sono partito da soluzioni ampiamente collaudate ed apprezzate per la loro musicalità. Una sorta di memoria storica aggiornata alle tecnologie attuali: cestelli in magnesio, polimeri innovativi per il foam, sistemi di raffreddamento per l’equipaggio mobile, neodimio, ferrofluido Nanotech, condensatori MKP e via dicendo.

Ho mantenuto l’uso della seta per il tweeter e della carta trattata per la membrana del woofer. E le soluzioni di assemblaggio come le saldature punto a punto del crossover. Acquistiamo finali con capacità di erogazione di corrente pressoché infinita, curiamo il percorso dall’amplificatore ai connettori d’ingresso con cavi da centinaia o addirittura migliaia di euro e poi ci affidiamo alle piste del circuito stampato del crossover spesse pochi micron?

Comprendo che la necessità di produrre grossi numeri sia in contrasto con i tempi e le difficoltà di esecuzione del cablaggio di un crossover saldato punto a punto, ma superata la soglia “consumer” questa soluzione dovrebbe essere una “condicio sine qua non” che elimina o almeno riduce drasticamente l’effetto “collo di bottiglia” sulle correnti in gioco in un crossover.

Tra le varie finiture la Olive Rebirth ha per me un valore che va oltre il semplice prodotto. Una malattia chiamata Xilella ha distrutto la quasi totalità degli ulivi secolari del Salento, terra che ormai mi ospita da un bel po’. Volevo dare una nuova vita a quei grandi vecchi, ma tutti mi dicevano che a parte piccoli oggetti d’arredo, taglieri e fuoco al caminetto quel legno era inutilizzabile. Grazie all’esperienza ed alla pazienza di vecchi falegnami e moderne tecnologie siamo riusciti, con un sistema a puzzle, a ricostruire pannelli con i quali viene rivestito il diffusore. La natura ha reso così le Classic Eight Olive Rebirth degli oggetti unici.

Il risultato ottenuto è un diffusore neutro, equilibrato, lineare e molto musicale.

Rispettoso della registrazione, grazie anche alla sensibilità di quasi 90 dB, si esprime al meglio anche con amplificatori valvolari Single Ended. Durante le mostre o dimostrazioni ho sempre notato lo stupore degli ascoltatori provocato dal modo con cui vengono emesse certe frequenze.

I commenti del tipo: ”Avevo sentito dire che le casse chiuse non avessero i bassi….”, ormai non mi stupiscono più.

Essere un artigiano ai tempi del Covid-19. Quali criticità hai incontrato nella produzione durante questo periodo?

Beh, credo che tuttora ci siano ancora problemi per tutti: piccole, medie e grandi imprese. Riguardano principalmente gli approvvigionamenti di materie prime. Il rame per le induttanze in aria, per esempio, inizia a scarseggiare al punto che l’Enel sta usando cavi in alluminio. Nel 2021 i costi dei componenti elettronici è aumentato 6 volte con un + 65% rispetto l’anno precedente. Il magnesio per le fusioni dei cestelli del woofer è più che raddoppiato. Per non parlare dei tempi di consegna.

In compenso nei due lockdown ho avuto il tempo e la solitudine giusta per rimettermi a pensare ad una sorella per la Classic Eight. Ed è nata Supreme.

Novaudio Supreme. Un nome importante, per un diffusore imponente che anche in questo caso mi riporta indietro negli anni, ricordandomi alla lontana i progetti del grande Arnie Nudell. Quanta fatica ti è costata la realizzazione di questo progetto?

Massimo Troisi in “Ricomincio da tre”: “Ho fatto tre cose buone nella vita perché devo ricominciare da zero?”.

Quando Arnie Nudell & soci con Infinity decisero di alzare la qualità dei loro prodotti con la serie Kappa, si trovarono ovviamente ad affrontare problemi più complessi. Uno di questi fu l’eliminazione delle diffrazioni create dagli spigoli. Le soluzioni dei decenni precedenti, come il quadrato di feltro attenuatore intorno al tweeter delle 3/5, non bastavano più. Ed ecco che magicamente tirarono fuori dal cilindro la 9Kappa. Una forma che eliminava con un’eleganza spettacolare gli spigoli.

Ho voluto realizzare una sorta di citazione di una tappa importante dell’evoluzione dell’Hi-Fi.

E’ evidente che un parallelepipedo sia più semplice ed economico da realizzare ma l’astina del salto da superare oltre la Classic Eight era piuttosto alto. Volevo un diffusore “completo”, un tre vie da pavimento per adulti. Grazie alle capacità scandinave nella progettazione e curvatura dei legnami (il settore audiodesign di Novaudio si avvale della collaborazione di uno studio svedese n.d.a.) sono riuscito ad ottenere un mobile con un W.A.F. molto alto, cosa che non guasta mai. Prototipazioni e simulazioni si sono protratte per quasi due anni, ma come dicevo, il lockdown mi ha dato il tempo di cui avevo bisogno.

Nella produzione la linea guida è la cura maniacale del dettaglio, dal package per singola coppia in legno fenolico di pino all’assemblaggio finale che curo personalmente. Prova ne è il crossover. * Le tolleranze strettissime (resistori 1% e capacità al 3%) e la compensazione delle sensibilità creano una vera coppia con 1 db di differenza ed un unico numero di serie A e B, non due diffusori accoppiati a caso.

l woofer da 10” in sospensione pneumatica pur mantenendo le caratteristiche di articolazione e precisione del woofer da 8” della Classic Eight mette più “sostanza” nella riproduzione di strumenti come il contrabasso, percussioni di grosso diametro e basso tuba. Il medio da 4”, rigorosamente a cono in cassa chiusa, copre quasi 5 ottave con una linearità di 2 dB, così da riprodurre con un solo driver buona parte del messaggio sonoro. La ravvicinatissima distanza dei centri d’emissione tra tweeter e mid, di vecchia scuola ESB ed oggi adottata da tanti, consente inoltre di eliminare le cancellazioni alla frequenza d’incrocio. L’inclinazione effettua l’allineamento temporale fra le emissioni. Musicalmente hanno la stesso approccio delle Classic Eight ma con ancora più dinamica, un suono più “grande” con la scena più ampia e definita.

Hai deciso di distribuire direttamente i tuoi prodotti sul territorio italiano puoi spiegarci il perché?

In realtà non distribuisco direttamente. C’è una rete, tuttora in costruzione, di Novaudio Point che ritirano direttamente i prodotti a tutto vantaggio del rapporto suono/prezzo, reperibilità dei driver originali e finiture “fuori catalogo”, come succede all’estero già da un bel po’ di tempo.

Basta navigare qualche minuto sui vari gruppi di audiofili per leggere le critiche sul rapporto tra materia prima (driver, crossover, mobile ecc.) e relativi prezzi di Listino. “Una coppia di Pinco LS380 con tre altoparlanti ed un crossover costa 70.000 euro….sono pazzi!”. Bisogna rendersi conto che non c’è più una relazione diretta fra il prodotto ed il suo prezzo. Nella torta chiamata Listino Prezzi la fetta più piccola è proprio la materia prima. Trenta secondi in tv in prime time quanto costa? La terza o quarta di copertina su note riviste patinate quanto costa? Poi ci sono cataloghi, mostre, influencer, e nel nostro settore si aggiunge anche l’usato.

Se abbiamo bisogno dello status più che della funzione è il marketing che per crearlo si nutre di buona parte della torta.

Ma si può arginare questa deriva? Fatto salvo il diritto di un negoziante di un congruo margine per ripagare la professionalità e l’impegno economico come si fa a realizzare prodotti dove ci sia ancora un rapporto tra suono, qualità di produzione e giusto prezzo da pagare?

La mia soluzione è un’azienda molto snella ed agile dove mi occupo personalmente della maggior parte delle lavorazioni e del controllo qualità per più di dieci ore al giorno. Novaudio produce piccoli numeri molto curati ponendo attenzione all’incidenza del costo del marketing in modo che non diventi prioritario rispetto alla qualità dei diffusori.

L’Hi-Fi ai tempi dei sistemi compatti e delle soundbar. Secondo te Giuseppe quale futuro ci aspetta?

Mettere nella stessa frase le parole HiFi e soundbar mi crea qualche problema cognitivo :-).

Come sai Novaudio ha anche un settore che produce audiodesign, quasi prevalentemente per il mercato nordeuropeo. Mobili d’arredo che hanno una particolare attenzione alla riproduzione del suono.

Come il mobile sonoro della Telefunken che avevo a casa da bambino. In particolare la console Sonora, equipaggiata con ottimi amplificatori Bang & Olufsen, fullrange da 5,5” con ogiva rifasatrice ed ingressi streamer o blutooth apt-X, viene usata da studi d’architettura come soundbar per il canale centrale ed i due anteriori sotto schermi 65” e più. Ogni oggetto può essere reinventato e declinato in innumerevoli modi, è la capacità d’immaginare che crea i prodotti.

Intervista di: MBEditore

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